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DALLE "LINEE GUIDA PER UNA LEGGE ORGANICA SULL'IMMIGRAZIONE"


Fondazione Migrantes - Allegato


Si ritiene utile riportare la parte generale ossia i principi ispiratori delle “Linee guida” del 1996; possono infatti contribuire ad una più chiara e completa impostazione anche delle presenti “Indicazioni”.

1. L´immigrazione, quale fenomeno sociale di grande complessità e rilevanza, destinato a incidere profondamente sulla nostra società anche per il prossimo futuro, va affrontato, al di là dell´emergenza, con azioni e progetti lungimiranti, fondati sulla precisa consapevolezza che si tratta di un processo strutturale ed irreversibile.

2. Una politica frammentaria - quale quella attuale - fatta di un susseguirsi ed accavallarsi di normative lacunose ed affrettate, sempre dettate dall´urgenza, non è in grado di gestire il fenomeno, ma anzi genera allarmismi e passionalità, che impediscono di affrontarlo con obiettività di giudizio. Tale politica rischia inoltre di presentare l´immigrazione sotto un prevalente profilo di ordine pubblico, mettendo in ombra sia le ragioni di solidarietà sociale sia le prospettive di comune benessere derivanti dallo scambio culturale ed economico tra l´immigrato e il nostro paese.

3. Solo una legge organica che tenga conto di tutte le fasi del processo migratorio (ingresso programmato, soggiorno, progressivo inserimento), di tutte le necessità fondamentali della persona (sanità, unità familiare, alloggio, istruzione, lavoro, etc.) e, per quanto possibile, di tutte le tipologie di immigrati può consentire una gestione efficace del fenomeno e contribuire a farlo percepire, più che come problema, come soluzione stessa di problemi. Una disciplina organica della condizione giuridica dello straniero, approvata con legge dal Parlamento, è peraltro richiesta anche dalla Costituzione (Art. 10).

4. Le migrazioni sono mosse dai profondi squilibri tra i livelli di benessere che caratterizzano i paesi industrializzati e quelli propri dei paesi in via di sviluppo. Chi è colpito da questi squilibri - acuiti da quelli demografici, non meno drammatici - percepisce la propria esperienza migratoria come necessaria e vantaggiosa anche a fronte di un inserimento che, in un paese ad economia avanzata, sia invece considerato estremamente precario.

5. Fermo restando il dovere di un paese industrializzato di contribuire a correggere i meccanismi che producono i predetti squilibri e di intraprendere una adeguata politica di cooperazione allo sviluppo nei confronti dei paesi ad economia arretrata in modo da attenuare, sul lungo periodo, le cause stesse delle migrazioni, un´efficace politica di immigrazione deve avere come obiettivo il pieno inserimento sociale dell´immigrato. Colui al quale, formalmente o anche solo di fatto, si consente di faò parte della società non deve restare escluso dall´esercizio dei diritti dei quali godono gli altri cittadini. Deve anzi vedere un progresso del proprio patrimonio di diritti che faccia premio al rispetto delle norme che regolano la convivenza nella società e che gli permetta di rendere sempre più solida la propria posizione sociale. Scelte diverse porterebbero alla sedimentazione di un nuovo ceto, selezionato su base etnica, escluso dall´accesso alle forme più elementari di tutela. Ne verrebbero a soffrire i componenti di questo ceto e, in modo quasi altrettanto marcato, i cittadini italiani in posizione socialmente più debole, esposti alla concorrenza dei primi nella conquista dei posti di lavoro meno qualificati e nella fruizione delle varie forme di assistenza sociale.

6. Condizione necessaria per la realizzazione dell´obiettivo di pieno inserimento è la possibilità di esercitare un adeguato controllo dei flussi in ingresso. Un´immigrazione, infatti, che proceda in modo incontrollato è incompatibile con l´attuazione del principio di progressività dei diritti preposto alla politica di inserimento, sia nell´ipotesi che i flussi ad essa associati rimangano relegati in condizioni di illegalità, sia laddove le istituzioni ne prendano pragmaticamente atto, mandando pero´, in tal modo, un messaggio che si presta ad essere interpretato come un segnale di resa. Nel primo caso, infatti, il migrante non solo non vede progredire il proprio livello di cittadinanza, ma è perfino impossibilitato a godere di diritti fondamentali; nel secondo, rischia di mancare, intorno alla politica di inserimento, il consenso generale della popolazione residente: la maturazione di diritti da parte di persone formalmente non legittimate ad accedervi può essere percepita, a torto o a ragione, in modo negativo, con una conseguente recrudescenza di tendenze xenofobe e razziste.

7. Nell´ambito di una legge organica occorre assicurare una dimensione consistente alle possibilità di ingresso legale in Italia di lavoratori stranieri, in considerazione della domanda inevasa di manodopera, come pure della obiettiva pressione di nuova migrazione. Questa possibilità di ingresso per lavoro può apparire più problematica in quelle situazioni in cui il sopraggiungere di una crisi occupazionale renda meno auspicabile l´ingresso di ulteriori contingenti di manodopera nel mercato del lavoro nazionale. É pero´ opportuno sottolineare la necessità di adottare, anche in tali situazioni, criteri di ammissione per motivi di lavoro che non comportino una eccessiva restrizione del canale di immigrazione legale. Data infatti la scarsa probabilità che le misure orientate ad una attenuazione della pressione migratoria producano in tempi brevi risultati di un qualche rilievo, un dimensionamento di questo canale che non sappia tenere effettivamente conto della domanda di manodopera non coperta dalla forza-lavoro residente nel paese di accoglienza alimenta nei fatti le forme di immigrazione illegale. Vengono cosi´ a determinarsi condizioni in cui, per l´estensione del bacino di irregolarità, risultano inefficaci gli ordinari meccanismi di prevenzione, controllo, dissuasione e repressione del fenomeno dell´immigrazione illegale. L´adozione di misure più severe - per contro - appare difficilmente accettabile in assenza di una via legale percorribile e, in definitiva, risulta carica di un eccessivo costo sociale.

8. Una politica fondata sulla determinazione periodica di quote di immigrazione ammesse per lavoro può conciliare l´attenzione ai problemi dell´occupazione e del mercato del lavoro del Paese con l´esigenza di garantire l´esistenza di un alveo di immigrazione legale privo di ingiustificate restrizioni. Condizione necessaria perchi ciò avvenga è che non si impongano eccessivi vincoli burocratici - quale la preventiva dimostrazione dell´esistenza di un determinato posto di lavoro disponibile - sull´ingresso dei lavoratori immigrati ammessi nell´ambito della programmazione "per quote". Tali vincoli, infatti, rischiano di rendere inaccessibile l´immigrazione legale, senza peraltro produrre livelli di tutela del lavoratore residente disoccupato che non possano essere raggiunti, in modo privo di effetti indesiderati, da un´attenta programmazione governativa.

9. É altrettanto importante che la programmazione per quote, relativa all´ammissione per lavoro, non interferisca con le politiche di ammissione per asilo, protezione internazionale e ricongiungimento familiare, dovendosi evitare che diritti fondamentali della persona siano subordinati a criteri di mera opportunità economica.

10. Un aspetto da cui non è possibile prescindere nella definizione degli strumenti di controllo dei flussi è costituito dalle misure atte a contrastare i fenomeni di immigrazione illegale. In proposito è in primo luogo importante distinguere tra le forme di immigrazione originariamente illegali (quelle, cioè, tipicamente associate agli ingressi clandestini, spesso favoriti da organizzazioni di natura mafiosa) e quelle che, nate nella legalità, finiscono per degradare nell´irregolarità per la mancata ottemperanza a prefissati obblighi burocratici. Se la massima fermezza va impiegata nel reprimere le prime (salvaguardando tuttavia il diritto di asilo e differenziando quanti da tali traffici ricavino illecita ricchezza da quanti ricavino sofferenza), nella seconda è opportuno discernere tra le inadempienze di carattere puramente formale (sanabili) e quelle di carattere sostanziale.

11. In secondo luogo, non può non essere tenuta nella massima considerazione la condizione di estrema precarietà in cui viene a trovarsi l´immigrato raggiunto da un provvedimento di espulsione o di respingimento. L´esigenza di non privare di efficacia le misure di carattere repressivo non può in alcun modo rendere accettabile la violazione di diritti fondamentali della persona ai danni del cittadino straniero e dei suoi familiari. Punto qualificante di una seria politica di immigrazione deve essere quindi la capacità di contemperare la severità dei provvedimenti mirati a curare le situazioni di illegalità con l´effettiva possibilità di ricorso contro gli stessi provvedimenti e, più ancora, con la tutela del patrimonio di diritti fondamentali della persona che l´adozione di quei provvedimenti potrebbe mettere a repentaglio.